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Il lavoro di cura e il ruolo delle badanti

di Simona Testana
Mutamento Sociale n.23 - Luglio 2009

La scena politica e sociale europea è dominata in questi anni dal problema dell’immigrazione, che è esploso in tutta la sua portata. In particolar modo l’aspetto che maggiormente preoccupa i paesi europei è l’entità dei flussi che anno dopo anno sono destinati ad aumentare. Il secondo semestre 2008, periodo di presidenza francese della Ue, si apre a livello europeo con la divulgazione di un patto sull’immigrazione e sull’asilo, presentato dal presidente Sarkozy, che ha avuto l’intento di far fare un passo avanti alla comunità europea rispetto a tali tematiche, utilizzando la leva della stretta collaborazione fra gli Stati in ambito di sicurezza comune.
L’integrazione dei cittadini all’interno degli Stati membri è da sempre una delle principali difficoltà che si pone alla politica comunitaria di immigrazione.
Dal vertice europeo di Tampere del 1999 fino ad arrivare al Consiglio europeo di Bruxelles del 2004 con l’adozione del programma dell’Aia, l’integrazione degli immigrati viene vista come un processo dinamico e una caratteristica permanente della società europea che permette ai diversi stati di creare maggiore coesione sociale, maggior senso di sicurezza e arricchimento culturale.
Nel nostro Paese all’inizio del 2008 la Caritas stima una presenza di immigrati regolarmente presenti che varia tra i 3.800.000 e i 4.000.000, con un’incidenza del 6,7% sulla popolazione, poco più della media europea che nel 2006 è stata del 6% (1).

Le politiche pubbliche in Italia negli ultimi anni hanno cercato di individuare quali funzioni le nostre regioni potessero assumere rispetto al tema dell’immigrazione e soprattutto quali azioni potessero mettere in atto per individuare i modelli di integrazione (2).

L’impegno prioritario assunto da molte Regioni riguarda l’inclusione e la lotta alla discriminazione attraverso la previsione di azioni che garantiscano non solo l’erogazione dei servizi minimi ed essenziali, ma anche una piena cittadinanza sociale. Costante è la previsione della necessità di adeguare l’amministrazione alle esigenze della popolazione immigrata, attraverso misure di carattere organizzativo – creazione di sportelli per l’integrazione sociosanitaria degli immigrati, formazione per gli operatori dei servizi destinati agli immigrati, etc. – ed il ricorso alla mediazione culturale (3).
Purtroppo, l’opinione pubblica spesso ha una visione distorta del fenomeno dell’immigrazione, e i sentimenti che prevalgono sono dettati dal pregiudizio, dalle ideologie e dai messaggi veicolati dai mass media. Questi ultimi parlano dell’immigrazione solamente quando accadono gravi fatti descrivendo gli immigrati come un “problema” e diffondendo sentimenti di paura e tensioni che ripropongono divisione antiche tra gli autoctoni e gli stranieri, con relative crisi sociali.

Il problema dell’integrazione, si fa sentire ancora di più in questo momento di crisi in quanto le persone immigrate sono le più colpite dalle difficoltà, basta pensare a quanto sta accadendo con il fenomeno delle badanti.
Il ricorso, da parte degli anziani non autosufficienti e delle loro famiglie, ai servizi individuali resi a domicilio da donne straniere è un fenomeno che ha assunto una rilevanza ampia negli ultimi anni. Si tratta di un fenomeno che interessa l’intero Paese e che rappresenta la risposta di molte famiglie italiane all’assenza di un intervento pubblico strutturale.
Più di un milione e mezzo di rapporti di lavoro attivi presso l’Inps a fine 2008 e 600 mila lavoratori domestici registrati, in gran parte donne straniere. Ma le stime che comprendono le colf e le “badanti” irregolari arrivano a calcolarne il doppio. Sono circa 600 mila i lavoratori domestici regolarmente registrati di cui molti provengono da Paesi stranieri (solo il 22,3% del totale, sono italiani). Rispetto ad una differenza di genere le donne rappresentano l’87% fra i lavoratori stranieri e il 96% fra gli italiani (4).

Le badanti, i lavoratori e le lavoratrici domestiche sono, dunque, figure ormai indispensabili per l’assistenza agli anziani e ai bambini. In passato, la cura di questi e di altri familiari ricadeva quasi totalmente sulle spalle delle donne italiane, anche in base all’impostazione secondo cui l’assistenza sociale rimaneva soprattutto a carico delle famiglie mentre per l’assistenza sanitaria interveniva il settore pubblico. Oggi invece la tendenza più diffusa è quella di affidare il servizio a esterni, utilizzando, quando possibile, il sostegno economico assicurato a livello pubblico e che consiste nell’indennità di accompagnamento per anziani non autosufficienti e nell’assegno di cura. Questo fenomeno è ancora più evidente nei grandi centri urbani, dove le distanze tra familiari non conviventi sono ancora più marcate.

L’incremento di flussi migratori da parte di donne che trovano un’occupazione nel lavoro di cura non solo ha contribuito a ridefinire la complessa realtà dell’immigrazione all’interno del mercato del lavoro nella società italiana, ma ha evidenziato un significativo cambiamento nella domanda di forza di lavoro, che non deriva più solo dalla sfera produttiva ma anche da quella sociale.
Le lavoratrici di cura provengono da Asia, Africa, America Latina ma soprattutto, negli ultimi tempi, dall’Europa dell’Est. Il 20% proviene dalla Romania, il 12,7% dall’Ucraina, il 9% circa dalle Filippine e il 6% dalla Moldavia. Seguono Perù, Ecuador, Polonia e Sri Lanka, con percentuali che vanno dal 3,6 al 2,8% e rappresentanze minori di numerosi altri Paesi, europei, asiatici, africani e sudamericani. Nell’Europa pre-allargamento le polacche che erano state tra le prime a dedicarsi al lavoro di cura degli anziani in Italia ora sono state sostituite dalle cittadine rumene, ucraine e russe; questo è accaduto soprattutto nelle Regioni del nord Italia.
La domanda di lavoro di cura da parte delle famiglie, se da un lato risponde ai bisogni di una società che ha sperimentato un rapido invecchiamento della popolazione, dall’altro riflette le profonde trasformazioni che hanno caratterizzato il ruolo dell’istituzione famiglia all’interno del sistema di welfare presente nel nostro Paese.

Le ricerche sull’immigrazione italiana hanno infatti evidenziato che il fenomeno del ricorso da parte delle famiglie al lavoro di cura reso da donne straniere ha interessato prima, in modo circoscritto, le regioni meridionali e successivamente, in modo assai diffuso, le regioni del centro nord. Tuttavia, vi sono condizioni diverse alla base di questo processo: nel Mezzogiorno il fenomeno è stato alimentato dalla storica fragilità dei sistemi locali di protezione sociale (che si caratterizzano per una carenza strutturale di servizi socio-assistenziali, con carenze del sistema sanitario, e per una netta prevalenza di trasferimenti monetari), nelle regioni del centro nord invece è stato sostenuto da una significativa spinta della domanda, alimentata dall’invecchiamento della popolazione, dall’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro e dai mutamenti nelle strutture familiari.
Cresce il numero dei lavoratori e delle lavoratrici dell’assistenza e gli operatori del settore sono sempre più numerosi di quanto si riesca a stabilire, nonostante vi sia un controllo costante. Infatti, ai lavoratori registrati si affiancano innanzitutto quelli che lo Spi ha definito proletari dei servizi, in prevalenza immigrati, ma anche lavoratori italiani, che operano ancora in nero. Dall’indagine realizzata dall’Iref, l’istituto di ricerca delle Acli emerge che più della metà delle colf straniere (57%) dichiara di svolgere il proprio lavoro completamente o in parte senza contratto.

La categoria dei lavoratori irregolari dell’assistenza, comprende molti cittadini stranieri, e sono per lo più donne, che lavorano dentro le case degli italiani prendendosi cura di loro e spesso anche vivendoci insieme, e che, o proprio non sono iscritte all’Inps, o presentano dichiarazioni dei redditi che indicano solo le 24 ore minime settimanali pur coprendone in realtà molte di più. 6 volte su 10 (61%) questa opzione è il frutto di una scelta concordata dalle due parti in causa, datori di lavoro e collaboratrici familiari. Oppure sono le stesse colf a chiedere di essere pagate in nero (14%).
Il fenomeno è, quindi, per certi aspetti inedito sia sotto il profilo delle caratteristiche di un’offerta di lavoro che evidenzia significativi cambiamenti nella composizione demografica e nella nazionalità di provenienza, sia per la destinazione occupazionale dei flussi migratori nella recente storia dell’immigrazione italiana.

Le riforme nel campo della protezione sociale e le politiche di inclusione attiva contribuiscono a dare impulso alla crescita e all'occupazione non solo in Italia ma anche in Europa. Gli Stati membri sono chiamati ad affrontare un problema legato non solo l'allungamento della speranza di vita in quanto tale, ma alla capacità delle attuali politiche sociali di difendere i diritti-dovere dei soggetti socialmente più svantaggiati.
Si deve, quindi, fare in modo che le politiche diventino effettivamente includenti per assicurare che le ricadute del loro agire raggiungano le persone ai margini della società e migliorino la coesione sociale.
Certamente nel corso degli anni passati molte sono stati gli interventi realizzati dalle politiche pubbliche sia a livello nazionale che locale, per aiutare le famiglie nelle azioni di cura in generale e, nello specifico dell’anziano, basti pensare alla legge sulla conciliazione dei tempi di lavoro e di cura (L.53/2000) e alla riforma dei servizi sociali (L.328/2000).
Ma in questo particolare momento storico le politiche sociali debbono adattarsi ad un nuovo mercato del lavoro e ai bisogni di una nuova società e nello specifico come supportare efficacemente chi decide di tenere in casa una persona anziana, assumendo un’assistente familiare, anche in periodi di crisi economica.


Note

* : Sociologa del Lavoro, lavora come ricercatrice presso l’Area Politiche sociali e pari opportunità dell’Isfol, dove si occupa prevalentemente di politiche di integrazione di persone svantaggiate.
(1): Caritas/Migrantes XVIII Rapporto sull’immigrazione, Idos 2008.
(2): Approfondimenti si possono trovare nel cap. 4 del volume Isfol “Contributi per l’analisi delle politiche pubbliche in materia di immigrazione”, realizzato dall’Area Politiche Sociali e pari opportunità in corso di pubblicazione nella collana Libri del Fondo Sociale Europeo.
(3): Approfondimenti si possono trovare nel cap. 4 del volume Isfol “Contributi per l’analisi delle politiche pubbliche in materia di immigrazione”, realizzato dall’Area Politiche Sociali e pari opportunità in corso di pubblicazione nella collana Libri del Fondo Sociale Europeo.
(4): I dati presentati in questo articolo sono tratti dalla ricerca Acli Colf presentata a Roma durante la XVII Assemblea nazionale – “Per un nuovo welfare della cura oltre il fai da te”, a maggio 2009.

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