Lo scorso 17 gennaio è stato approvato il Decreto legge contenente le disposizioni relative all’introduzione del Reddito di Cittadinanza (RdC). Si tratta dell’evoluzione della misura unica nazionale di contrasto alla povertà nota come Reddito di Inclusione (ReI), che viene interamente sostituita e resterà in vigore solo fino al prossimo mese di Aprile. Non mancano in questo passaggio significativi riflessi per Comuni e Ambiti territoriali.
Rimane in capo ai Comuni il controllo della composizione del nucleo famigliare, per il quale si continua a fare riferimento al nucleo ISEE; in ogni caso, con il RdC vengono introdotte due importanti novità, che si applicano oltre il RdC stesso e che hanno riflessi sugli accertamenti dei casi di estraneità affettiva in capo ai servizi sociali comunali:
-il genitore/coniuge separato e non convivente non si ritiene più parte del nucleo familiare;
-il figlio maggiorenne che non è convivente (e non coniugato né con figli) fa comunque parte del nucleo familiare, se ha meno di 26 anni ed è fiscalmente a carico dei genitori.
Il RdC può essere richiesto, dopo il quinto giorno di ciascun mese, presso uffici postali o CAF convenzionati; scompaiono quindi i punti unici di accesso identificati dagli Ambiti territoriali e viene meno anche lo standard definito dal Piano Povertà (uno ogni 40.000 abitanti). Le informazioni contenute nella domanda del RdC sono comunicate all’INPS entro dieci giorni lavorativi dalla richiesta.
A differenza di quanto accadeva con il ReI, in cui il primo contatto per l’analisi preliminare del bisogno era sempre in capo agli Ambiti territoriali e ai Comuni, che provvedevano all’invio del richiedente presso il Centro per l’Impiego per la sottoscrizione del patto di servizio, con il RdC, gli Ambiti Territoriali e i Comuni sono chiamati a svolgere queste funzioni solo nel caso in cui nel nucleo familiare si verificano contemporaneamente queste condizioni:
-non è presente alcun minore di 26 anni;
-non è presente alcun cittadino non occupato al massimo da due anni;
-non è presente alcun cittadino beneficiario di NASPI o altri ammortizzatori sociali per la disoccupazione involontaria.
Al contrario, in presenza di minori di 26 anni, disoccupati o beneficiari di NASPI o simili, il primo contatto deve essere svolto dal Centro per l’Impiego. Il decreto non specifica chi debba svolgere l’analisi preliminare, rinviando implicitamente a accordi di programma in essere tra Comuni e CPI, in assenza dei quali pare peró abbastanza scontato doversi individuare il responsabile dell’analisi preliminare (e delle eventuali fasi successive di valutazione e progettazione in equipe in caso di bisogno complesso anche di tipo sociosssistenziale) all’interno del CPI.
A prescindere da ciò, restano salvi ovviamente i caratteri di multidisciplinarità e di collaborazione interistituzionale tra servizi sociali e del lavoro (ed eventualmente altri) nella composizione delle équipe.
La collaborazione e lo scambio di informazioni tra i diversi servizi dovrebbe essere facilitato dalle due piattaforme informatiche di riferimento messe a disposizione da INPS, che verranno peraltro potenziate: il SIUPL (Sistema Informativo Unitario Politiche del Lavoro), presso l’ANPAL, e il Sistema Informativo Unitario dei Servizi Sociali (SIUSS), attivato con il decreto REI e l’integrazione del Casellario INPS dell’Assistenza, in funzione dal 2015.
I Centri per l’Impiego e i Comuni/Ambiti Territoriali sono tenuti, inoltre, a comunicare ad INPS tramite le suddette piattaforme, tutte le informazioni relative alla sottoscrizione dei patti, i fatti che concorrono a determinare delle sanzioni o la decadenza del beneficio, l'attivazione di progetti di pubblica utilità e i rilievi su consumi anomali dei beneficiari entro e non oltre 5 giorni lavorativi.
Il Patto per l’Inclusione Sociale assume quindi le caratteristiche del progetto personalizzato che era in vigore con il ReI. Con l’eccezione dei punti unici di accesso, vengono quindi confermati tutti i LEA del ReI che coinvolgono i Comuni e gli Ambiti Territoriali: valutazione multidimensionale, progettazione personalizzata e rete integrata di interventi e servizi sociali; restano quindi validi anche gli obiettivi di servizio definiti dal Piano Povertà per lo standard di dotazione di assistenti sociali (uno ogni 5000 abitanti) e per i servizi da includere nei Patti per l’inclusione sociale. La Legge di Bilancio 2019 (n. 145 del 30 dicembre 2018) ha comunque confermato lo stanziamento per il fondo povertà quota servizi per gli anni 2019, 2020 e 2021 finalizzato alle assunzioni di assistenti sociali e al potenziamento dei servizi in essere.
Come per il ReI, resta rilevante ai fini della determinazione dei requisiti economici e del calcolo del beneficio l’inserimento tempestivo nella banca dati SIUSS da parte dei Comuni e degli Ambiti Territoriali di tutti i “trattamenti assistenziali” erogati sotto forma di contributi indistinti al reddito disponibile del nucleo, al fine soprattutto di evitare la fattispecie del danno erariale per il mancato adempimento.
Scompare invece nel decreto RdC la possibilità per i Comuni di integrare il beneficio economico con risorse proprie (così come la possibilità per le regioni di incrementare I fondi a disposizione) all’interno dei progetti personalizzati. Vi é invece l’opportunità per i Comuni di includere nel progetto personalizzato azioni di pubblica utilità sociale, con progetti da rendere operativi entro luglio 2019.
In seguito all’abrogazione di alcune parti della normativa sul ReI, oltre alla condivisione di responsabilità per l’attuazione della misura anche con i Centri per l’Impiego (prima limitata solo all’INPS) per i Comuni vengono meno alcuni significativi adempimenti, benché resti viva la facoltà e l’opportunità di adottare tali provvedimenti, in particolare la redazione del documento di Piano Attuativo Locale per l’inclusione sociale e il contrasto alla povertà come parte integrante del Piano di Zona e la creazione di una rete territoriale che coinvolga anche il terzo settore.