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L'abolizione del Reddito di Cittadinanza

A cura di Luca Baiguini, Carmelo Castronovo, Alberto Campana, Raffaella Imbroglio e Sabine Merheb. Dalla rubrica "Lavori di ricerca empirica" degli studenti dell'Università di Pavia per il corso di Statistica Sociale
La legge di bilancio del 2023 ha disposto l’abolizione del reddito di cittadinanza, con effetto differito al 1° gennaio 2024. La ricerca svolta ha permesso l’analisi e la comprensione del livello di conoscenza che i cittadini, differenziati per fascia d’età ed estrazione sociale, possiedono riguardo alle nuove misure di aiuto attivo promosse dal governo.
 
La prima sezione del lavoro si è basata su una raccolta di dati tramite questionario online, con l’obiettivo di ricavare informazioni utili all’indagine e al confronto con fonti di dati su scala nazionale.
 
Il campione finale ha compreso all’incirca 150 individui - per più del 97% di nazionalità italiana - che, in linea con i dati ufficiali, hanno espresso giudizi contrastanti in merito all’effettiva utilità sociale del sussidio.
 
Alla domanda “Sei pro o contro questo tipo di sussidio (RdC)?” queste sono state le risposte ottenute:



Si sono rivelate altrettanto interessanti, sempre ai fini dell’analisi in questione, le risposte inerenti alla parte centrale del nostro lavoro: l’abolizione del reddito di cittadinanza e l’arrivo della nuova misura attiva MIA (Misura di Inclusione Attiva, ormai abbandonata dal governo ma che ai tempi della nostra ricerca sembrava quella definitiva per la sostituzione). Con quest’ultima, proprio come con il suo attuale aggiornamento in ADI e SDA, vengono apportate modifiche riguardo la soglia ISEE minima (che passa da 9360 euro a 7200 euro), la durata (ridotta a 12 mesi) e, soprattutto, i requisisti necessari per la richiesta (ne possono beneficiare nuclei familiari al cui interno vi sia almeno un componente con disabilità, o minorenne, o con almeno sessant’anni di età). Senza uno di questi requisiti, il beneficio è riconosciuto in misura ridotta. Per evitare il godimento irregolare del beneficio, sono previsti un adeguato regime sanzionatorio e una specifica attività di vigilanza.

Tutto ciò avvalora l’idea su cui si basa la nuova riforma, proposta come “un aiuto che nasce per contrastare la povertà, la diseguaglianza e l’esclusione sociale, a garanzia del diritto al lavoro, della libera scelta del lavoro e del diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione e alla cultura”.
 
In generale, il campione preso in esame ha dimostrato di essere poco informato sia sugli aggiornamenti sopraccitati sia sull’esistenza della nuova misura MIA (il 50% dei nostri intervistati non aveva mai sentito parlare della misura di inclusione attiva); sicuramente questo dato è anche dovuto alla scarsa chiarezza delle informazioni provenienti dalle istituzioni, ancora non concordi sulla scelta da attuare.
 

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