Mutamento Sociale n.21 - Gennaio 2009
A settembre 2008 la Banca d’Italia ha pubblicato un interessante studio riguardante i servizi di istruzione e cura per la prima infanzia in Italia (1),finalizzato a delineare lo stato di sviluppo del sistema di istruzione e cura a livello nazionale, con opportune comparazioni regionali, analizzandone sia il versante dell’offerta sia quello della domanda, in particolare riferimento ai vincoli, alle opportunità e alle principali determinanti nel ricorso all’asilo nido da parte delle famiglie.
E’ ormai quasi superfluo ricordare l’importanza strategica che rivestono i servizi di cura alla prima infanzia: garantire prestazioni adeguate, flessibili e dimensionate in misura coerente alla domanda sociale significa, innanzitutto, contribuire a far sì che si riducano le barriere di accesso delle donne al mondo del lavoro e, al contempo, si favoriscano le dinamiche di natalità. Fattori questi di elevata criticità con cui l’Italia è chiamata a misurarsi anche più di altri Paesi europei. Va ricordato come lo sviluppo dei servizi per la prima infanzia e l’incremento del tasso di occupazione femminile rappresentino obiettivi fondamentali per l’intera Comunità Europea, chiaramente delineati nell’ambito della “Strategia di Lisbona”. D’altra parte, lo stesso interesse della Banca d’Italia nei confronti di tali servizi ben testimonia quanto il tema sia divenuto rilevante non solo limitatamente al campo delle politiche sociali, ma anche nella prospettiva di politica economica.
Considerata l’importanza strutturale in ambito nazionale ed europeo, il ricorso ai servizi per la prima infanzia è stato giustamente tematizzato da diversi studiosi e ha alimentato un dibattito scientifico ricco di diversi contributi di analisi, di cui appunto quello della Banca d’Italia rappresenta uno degli ultimi esempi.
L’attenzione degli analisti, che guardano al tema prevalentemente da prospettive sociologiche ed economiche, non può, tuttavia, contare su fonti di dati omogenee ed esaustive e deve affrontare rilevanti difficoltà nell’analizzare, confrontare e integrare dati raccolti con modalità differenti e con finalità diverse. Così lo stesso studio della Banca d’Italia si trova a dover “raccordare le indicazioni provenienti da diverse fonti di informazione, esse stesse integrate con un’apposita indagine svolta dalle filiali della Banca d’Italia presso le amministrazioni di alcuni capoluoghi di provincia e una breve sezione dedicata nell’ambito di indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d’Italia” (2). Ad esempio, rispetto all’analisi dell’offerta di servizi, l’autore, scegliendo giustamente di ricorrere a fonti istituzionali affiancandole ad una rilevazione ad hoc, è costretto ad utilizzare tre diverse tipologie di dati:
* la rilevazione dell’Istituto degli Innocenti basata su dati forniti da Regioni e Province Autonome, riferita però a momenti temporali diversi fra i vari territori (compresi tra settembre 2000 e luglio 2005: un arco temporale assolutamente eccessivo);
* la rilevazione censuaria Istat che assume come unità di analisi i Comuni, si riferisce al 2005 e comprende i soli asili nido pubblici o privati convenzionati (escludendo quindi i servizi privati tout court, ricompresi invece nelle altre due fonti utilizzate);
* l’indagine censuaria condotta nel 2007 dalla stessa Banca d’Italia, limitata però a soli 57 comuni capoluogo di provincia in dieci regioni italiane, un universo quindi del tutto particolare.
E’ tuttavia evidente che dati così eterogenei per unità di analisi, universi di riferimento, modalità di rilevazione e archi temporali, pongono all’analisi serie questioni metodologiche, superabili soltanto se ci si pone l’obiettivo di avere, a breve, fonti omogenee di dati da tutti i contesti regionali, per giungere ad una seria valutazione del rapporto domanda/offerta dei servizi alla prima infanzia a livello nazionale e nelle singole regioni (3).
Proprio questo è il punto che si vuole qui sottolineare: implementare, sviluppare e valutare una specifica linea di politica sociale richiede una conoscenza puntuale del fenomeno cui si intende dare risposta e degli interventi attivati in tal senso. Per far ciò è necessario che i policy maker, ma anche gli analisti, dispongano di informazioni attendibili, esaustive e tempestive, capaci di rilevare le tendenze in atto.
A tal fine, occorre, quindi, attivare compiuti flussi informativi stabilizzati nel quadro di Sistemi Informativi Sociali regionali, sui versanti della domanda sociale e dell’offerta di servizi e che siano in grado di (4):
* garantire l’esaustività nella raccolta dei dati;
* consentire un rapido adeguamento delle procedure e degli strumenti ai mutamenti degli obiettivi conoscitivi dei suoi fruitori;
* essere fondati su criteri metodologici rigorosi, omogenei, condivisi e stabili nel tempo;
* garantire un costante aggiornamento delle informazioni;
* prevedere l’integrazione e il raccordo delle varie tipologie di dati.
In definitiva, nel nostro Paese occorre ancora lavorare molto perché, nell’ambito delle politiche sociali, si radichi una “cultura del dato” che consenta davvero di ragionare sui fenomeni in atto in termini attendibili ed affidabili.
Note
(1): Zollino F., Il difficile accesso ai servizi di istruzione per la prima infanzia in Italia: i fattori di offerta e di domanda, Questioni di Economia e Finanza, Occasional Paper, n.30, Banca d’Italia, Settembre 2008.
(2): Op cit., pag.3.
(3): Vale la pena di precisare che con questo non si intende assolutamente mettere in discussione la validità del prezioso contributo di Zollino e delle conclusioni cui giunge, ma solamente trarre spunto da tale ricerca per evidenziare una carenza nelle fonti informative disponibili, che, ad esempio, impediscono di avere comparabili ed attendibili indici di penetrazione dei servizi di asilo nido rispetto alla popolazione di riferimento 0-2 anni.
(4): Mauri L., Il Sistema informativo sociale. Una risorsa per le politiche pubbliche di welfare, Carocci, Roma, 2007.