Di Marta Paletti, Susanna Recusani, Daniela Raffaldi, Cristina Rota e Dario Briccola. Dalla rubrica "Lavori di ricerca empirica degli studenti dell'Università di Pavia"
The Social Dilemma è il nome con cui il nostro gruppo ha partecipato a un progetto universitario di Statistica Sociale sotto la guida della professoressa Claudia Tarantola, in collaborazione con Synergia, società di ricerca e consulenza organizzativa che dal 1989 opera nel campo delle politiche sociali, sociosanitarie, culturali e di welfare.
L’obiettivo principale è quello di indagare come sia cambiato il modo di informarsi con l’avvento dei Social Network, in particolare a partire dall’inizio della pandemia di Covid-19.
Al fine di delineare un quadro completo e strutturato, il questionario, composto da 20 domande, è stato ripartito in quattro sezioni. La prima è stata studiata per analizzare i mezzi di informazione, cui abitualmente gli individui ricorrono, la seconda, invece, per indagare l’impatto che la pandemia da Covid-19 ha avuto sull’accesso alle fonti digitali. Da questa, è derivata la terza sezione, la cui finalità è stata quella di comprendere quale fosse il grado di fiducia nei mezzi di informazione non tradizionali. La quarta, ed ultima, aveva come scopo quello di scoprire se il ricorso ai Social Network avesse favorito una sensibilizzazione verso le tematiche sociali che si sono sviluppate durante lo scorso 2020.
Abbiamo somministrato il questionario, tramite i canali Social dei membri del gruppo, a un campione di 690 individui, suddivisi per sesso (292 maschi, 396 femmine e 2 non precisati), età, titolo di studio e stato occupazionale.
Analizzando le risposte in merito ai tipi di pagine Social seguite, abbiamo notato che l’83% degli intervistati segue pagine di testate giornalistiche. Le altre pagine, invece, sono seguite da meno della metà degli intervistati e sono (in ordine): pagine istituzionali; profili pubblici di giornalisti; divulgatori; profili pubblici di politici di uno o più partiti e Social influencers/attivisti.
Considerando la diversa proporzione di uomini e donne che hanno risposto al questionario, abbiamo inoltre riscontrato che una percentuale maggiore di femmine rispetto a quella dei maschi segue pagine di testate giornalistiche e influencers/attivisti, mentre, al contrario, è maggiore la percentuale maschile rispetto a quella femminile tra coloro che seguono profili pubblici di giornalisti e divulgatori. Le pagine istituzionali, infine, sono seguite in egual misura.
Abbiamo chiesto agli intervistati sia da quanto tempo usassero i Social per informarsi sia per quanto tempo al giorno li utilizzano a questo scopo. È emerso che il numero di anni da cui si utilizzano i Social come mezzo di informazione non è significativamente influenzato né dall’età né dallo stato occupazionale. Per quanto riguarda la quantità di tempo dedicata quotidianamente ad informarsi, abbiamo osservato che un’informazione più “superficiale” (tra i trenta minuti e l’ora) è maggiormente diffusa tra studenti e lavoratori mentre un’informazione più “approfondita” (due o più ore) è generalmente più comune tra pensionati e disoccupati. Inoltre, tra studenti e lavoratori, i primi tendono maggiormente a dedicare all’informazione quotidiana meno di due ore al giorno. Per quanto riguarda l’incrocio tra la quantità di ore spese quotidianamente per informarsi e il sesso, si è notato che sono gli uomini a dedicare più tempo all’informazione, pari ad almeno due ore al giorno, contro i 30 minuti/un’ora delle donne.
Paradossalmente però, sono state le donne a risentire maggiormente del bombardamento di notizie da Covid-19, durante la pandemia. Si è infatti evidenziato che fosse più comune tra il sesso femminile il desiderio di ridurre il ricorso all’informazione, per via del continuo flusso di notizie sul fronte socio-sanitario. Rimanendo nell’ambito della riduzione dell’informazione a seguito della pandemia, un altro risultato che ci ha molto sorpresi, è stato notare come questa tendenza sia stata registrata maggiormente tra chi si informa in maniera meno approfondita. Detto in altre parole, suddividendo la frequenza giornaliera all’aggiornamento in due categorie, informazione meno approfondita, comprensiva di mezz’ora e di un’ora, e informazione più approfondita, pari a due o più ore, si è notato che proprio gli individui appartenenti al primo gruppo, abbiano patito di più il continuo flusso di notizie da Covid-19. In ultimo abbiamo indagato la relazione fra il desiderio di ridurre l’informazione a seguito della pandemia e la percezione di una distorsione nei titoli degli articoli sui Social. Abbiamo constatato che in effetti coloro che si sono dichiarati più stanchi dell’informazione tendono ad attribuire un livello di distorsione superiore.
Durante la pandemia il Governo ha scelto di adottare i Social per diffondere le comunicazioni. Risulta dai dati da noi raccolti che gli utenti hanno seguito le conferenze sui Social senza eccessive distinzioni d’età, mentre la maggior parte dei giovani ha affermato che non le avrebbe guardate se quest’ultime non fossero state diffuse online. Abbiamo analizzato anche il grado di plausibilità attribuito alle indiscrezioni relative alle misure che sarebbero state inserite nei DPCM. Da ciò è emerso che all’aumentare di quest’ultimo corrisponde una riduzione della frequenza di controllo delle news trovate sui Social, e che le indiscrezioni sono ritenute più verosimili da coloro che hanno guardato le conferenze stampa dei capi del governo sui Social rispetto a chi non lo ha fatto, Per di più è stato appurato che chi ha creduto maggiormente alle anticipazioni ha attribuito un grado di soddisfazione superiore alle notizie sul fronte sanitario che sono state divulgate fino alla somministrazione del questionario.
Per quanto concerne, invece, l’affidabilità delle notizie che si reperiscono sui Social Network, abbiamo potuto constatare che la fiducia nelle notizie diffuse tramite i Social network è più frequente tra coloro che possiedono un titolo di studio di licenza elementare o media o un diploma di scuola superiore, rispetto a chi gode di un'istruzione universitaria. Inoltre abbiamo domandato ai nostri intervistati con che frequenza verificassero le fonti delle informazioni online. In questo frangente, si è registrato che la verifica delle fonti sia più frequente tra coloro che dedicano maggior tempo ad informarsi, cioè a dire che, in generale chi si informa per al massimo un’ora al giorno, non verifica la fonte della notizia di cui si sta documentando e coloro che godono di un’istruzione universitaria tendono a controllare meno. Considerando sempre la domanda relativa al grado di affidabilità delle notizie, abbiamo riscontrato un legame fra quest’ultima e il livello di alterazione percepita dei titoli degli articoli sui Social Network: possiamo dire che all’aumentare del livello di fiducia, diminuisce la percezione distorta dei titoli. Inoltre, è emerso dalle risposte raccolte che al diminuire del livello di fiducia rispetto alle notizie aumenta l’influenza attribuita all’azione di persone famose sui Social nel corso della pandemia.
Infine, risulta che all’aumentare del livello di fiducia corrisponde un aumento dell’importanza attribuito alle piattaforme Social per informarsi su tematiche relative all’attivismo.
Il 2020 è stato un anno da record per quanto riguarda l’attivismo sui Social: infatti mai prima di quest’anno si erano registrati una quantità tale di post, su diverse piattaforme, inerenti a numerose tematiche: per questo abbiamo domandato ai nostri intervistati quali tematiche sono state, secondo la loro percezione, maggiormente affrontate sui Social. È emerso che gli uomini sono entrati prevalentemente in contatto con i temi della discriminazione razziale, dell’emergenza climatica e ambientale, mentre le donne sono state maggiormente esposte a post inerenti ai diritti della comunità LGBTQ+, alla salute mentale, alla disabilità e alla disparità di genere.
In conclusione, possiamo affermare che i Social ormai costituiscano uno strumento di informazione molto utilizzato: l’81,7% dei nostri intervistati infatti dichiara di utilizzarli a questo scopo. Abbiamo anche riscontrato che il grado di credibilità attribuito alle informazioni pubblicate sui social è legato al titolo di studio. La pandemia ha modificato le nostre abitudini di informazione: il 40,2% dei nostri intervistati ha notato il proprio desiderio di informazione ridursi. In ultimo, i Social sono diventati anche piattaforme di informazione relative ai temi dell’attivismo; i più trattati secondo i nostri intervistati sono stati disparità e violenza di genere (80,7%) e crisi climatica e ambientale (61,9%).