L'innovazione nei servizi sociali tra consapevolezza e miti semplicistici

Di innovazione si parla spesso e non sono poche le spinte che muovono in questa direzione provenienti da svariati settori, attività e servizi. Capire cosa sia veramente l'innovazione, da quali fattori essa tragga origine e quali garanzie di successo abbia, non è tuttavia cosa immediata. Synergia ha provato ad affrontare queste tematiche attraverso una ricerca sull'innovazione nei servizi sociali, condotta nel 2003 su 13 casi in differenti realtà territoriali del nostro Paese.

Da tale studio è emerso che la nascita del processo innovativo risponde spesso all'esigenza di aumentare l'efficienza di un servizio, di dare una risposta mirata e puntuale ad una realtà ormai mutata o in continuo mutamento, di integrare i vecchi metodi con le nuove conoscenze, di erogare servizi più competitivi e maggiormente graditi al committente.

Quando presente, l'innovazione implica anche un'alterazione positiva dell'intera struttura e una trasformazione di tutti i suoi elementi costitutivi, in misura tale che ogni ritorno al passato diventa problematico, se non addirittura inattuabile: l'innovazione permea infatti l'intera filosofia dell'intervento, tanto che ogni attore deve ridefinire di conseguenza, i propri compiti, metodi ed obiettivi, e se necessario anche il proprio ruolo funzionale e la propria formazione. Ciò significa che ad essere modificato non è solo l'agire dei soggetti, ma l'intera cultura del servizio cui essi complessivamente partecipano: è uno spostamento di sguardo che implica un pensare, un agire ed un progettare completamente nuovi; una nuova cultura che si riflette in un diverso rapporto con il territorio e con tutti gli stakeholder.

E' evidente che per attuarsi compiutamente e stabilmente, il processo di innovazione deve misurarsi con il coinvolgimento di quanti più attori intende o pretende raggiungere; il coinvolgimento degli operatori è, del resto, una dimensione chiave del processo e come tale è stato indicato anche in molti casi oggetto di studio. Gran parte degli operatori, e specialmente quelli che erogano direttamente il servizio, hanno infatti dimostrato un coinvolgimento elevato, tanto che si sono adoperati spesso oltre il dovuto per una sua buona riuscita. Molte volte ciò sembra dovuto al semplice entusiasmo di poter sperimentare nuove prassi, alla sensazione di sentirsi parte di un progetto nuovo e su cui si investe, alla volontà di migliorare il risultato del proprio lavoro, di mettersi in gioco, di sentirsi massimamente attivi. Per arrivare a ciò è tuttavia largamente decisivo superare una prima fase di naturale scetticismo, in cui gli attori devono essere motivati, consapevolizzati, messi nella condizione di poter ben valutare il contenuto del progetto e i relativi metodi di implementazione. In questa fase ha un ruolo delicato il soggetto che propone e promuove l'innovazione: egli deve essere in grado non solo di innescare il coinvolgimento e la spinta tra tutti gli attori del sistema, ma anche di superare le molteplici resistenze che ad essa si frappongono. Innovare, infatti, implica pur sempre misurarsi con un grado di incertezza piuttosto elevato ed è naturale aspettarsi che i soggetti che ne hanno la responsabilità (i cosiddetti gatekeeper ) esercitino le loro legittime funzioni di filtro, come del resto è inevitabile che, lungo il processo di innovazione, si incontrino problemi prima ignoti, generati dalla novità stessa o relativi alla fase di transizione 'dal vecchio al nuovo'.

Ciò che permette il superamento di molti di questi problemi è la fiducia di cui gli innovatori devono godere e che sono chiamati ad alimentare costantemente fra tutti gli attori in gioco: è di straordinaria importanza, ad esempio, che chi propone l'innovazione sia ritenuto particolarmente valido e stimato a più livelli. Quello che ne deriva, insomma, è un andamento del processo innovativo come risultante delle opposte forze di resistenza e coinvolgimento lungo tre differenti fasi di ideazione, implementazione e consolidamento, in cui la fiducia reciproca fra i soggetti assume un peso decisivo.

Al di la di questi aspetti, emergono una serie di elementi che volgono nella direzione opposta, sottolineando le difficoltà e i punti di debolezza insiti nel processo innovativo. Non si può infatti considerare l'innovazione alla stregua di un normale cambiamento in itinere, dal momento che superare l'altissima resistenza iniziale e innescare il coinvolgimento, richiede un notevole investimento e una forte determinazione, né si può pensare all'innovazione come una semplice applicazione di strategie altrove funzionanti: questa è una tentazione forte e un errore in cui spesso si rischia di cadere, nella pretesa di applicare buone prassi, perfettamente funzionanti altrove, come etichette nuove su prodotti già esistenti.

Il concetto di innovazione (al pari di quello di best-practices e di qualità) rischia infatti di divenire un mito semplicistico, un miraggio di soluzioni facili e a portata di mano. In altre parole, l'abuso di questo termine ha contribuito nel tempo a creare una vera e propria moda nei servizi sociali, svuotandolo nel contempo del suo significato originario: tutti parlano di innovazione, ma molto spesso alla quantità di parole impiegate non corrisponde altrettanta chiarezza concettuale.

Come si è detto, innovare significa invece mettere tutto in discussione, opporre alla continuità un'accurata analisi critica dell'esistente, essere determinati e capaci di superare molteplici problemi e svariate resistenze, rileggere e armonizzare l'intero processo alla luce delle nuove azioni e prospettive, dei nuovi fini e valori: l'innovazione efficace e di successo, trae origine dalla realtà immediata e specifica che si vuole cambiare.