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La Riforma dell'ISEE: le novità in sintesi

Opportunità e vincoli del nuovo ISEE
L’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) è lo strumento attraverso il quale si determina l’accesso o l’entità dei contributi da versare per le prestazioni di welfare e si compone di tre elementi fondamentali:
1. la dichiarazione sostitutiva unica (DSU), che deve essere compilata dal contribuente e contiene indicazioni su reddito, investimenti finanziari e immobiliari e beni di lusso;
2. le informazioni contenute negli archivi dell’amministrazione finanziaria;
3. le informazioni della banca dati dell’INPS.

Il 24 gennaio 2014 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.P.C.M. 159/2013, relativo al “Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente”, ovvero il cosiddetto Nuovo ISEE, che sostituisce integralmente la precedente normativa. Alla luce delle analisi effettuate nel corso degli anni che evidenziavano limiti in relazione alla scarsa capacità dell’indicatore di identificare con precisione la situazione economica dei richiedenti, l’obiettivo della riforma, in estrema sintesi, è garantire l’equità nell’accesso alle prestazioni attraverso una considerazione più puntuale della condizione economica, dando un peso maggiore al patrimonio e allargando l’insieme dei redditi computati.
È importante sottolineare che la riforma non ha effettuato una semplice manutenzione del vecchio strumento. Innanzitutto, al fine di arginare il fenomeno dell’evasione e destinare le risorse a chi ne ha davvero bisogno, è stato studiato un nuovo sistema che prevede l’ottenimento di alcuni dati direttamente dalle banche dati INPS. Il Ministero ha poi introdotto la possibilità per i richiedenti, al verificarsi di determinate condizioni, di ricorrere all’elaborazione di un ISEE corrente (si pensi, ad esempio, al caso di un cittadino che perde il lavoro). Inoltre, in base alla prestazione richiesta, accanto all’ISEE standard, è prevista un’applicazione per le prestazioni di natura socio-sanitaria, una per le prestazioni di natura residenziale a ciclo continuativo e un’altra per ottenere le prestazioni relative al diritto allo studio. In aggiunta, il riferimento al nucleo familiare cade: in base alla prestazione richiesta, c’è chi entra e c’è chi esce dal nucleo familiare di riferimento per il calcolo dell’ISEE. Infine, il nuovo ISEE prevede la dichiarazione di tutti i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari a qualunque titolo percepiti ed è stato introdotto un sistema di detrazioni e di franchigie che permette di riequilibrare la situazione economica e patrimoniale.

La riforma è in vigore dall’8 febbraio 2014, ma l’operatività di fatto è slittata al gennaio 2015. Il decreto prevedeva infatti all'articolo 14, che gli enti a cui compete l’erogazione delle prestazioni sociali agevolate, in primis quindi comuni e ambiti territoriali, emanassero entro il 31/12/2014 gli atti normativi necessari per conformarsi alle disposizioni del nuovo decreto. Si tratta però di un passaggio particolarmente critico e delicato per questi soggetti, tenuto conto dei dubbi interpretativi lasciati aperti dal decreto e della mutevolezza del quadro normativo nazionale. Vi è molta incertezza infatti su alcuni aspetti di merito, ad esempio quali siano i confini delle prestazioni di natura socio-sanitaria. A ciò si aggiungano le recenti sentenze del TAR Lazio che hanno accolto alcuni ricorsi da parte di associazioni di utenti avverso il decreto del Nuovo ISEE, modificandone l’assetto complessivo previsto. Non sempre tra l'altro le Regioni hanno sviluppato tempestivamente linee guida in tal senso idonee per i Comuni.

Se per il contribuente c’è quindi una maggiore garanzia di equità nelle intenzioni del legislatore, per le amministrazioni locali e i Comuni, che erogano alcune delle prestazioni per cui è più frequentemente utilizzato l’ISEE, la riforma aumenta di parecchio gli adempimenti: i Comuni sono chiamati ad adeguare i propri regolamenti tenendo conto delle variazioni intervenute nella definizione dell'indicatore. Da una parte infatti, resta la possibilità per gli enti erogatori di stabilire ulteriori criteri, ma dall’altra questi ultimi non possono sostituirsi a quelli del DPCM 159/2013, ma solo integrarli.

Se poi pensiamo ai Piani di Zona, un'ulteriore complicazione è data ormai dal sempre più consistente ricorso alla gestione associata dei servizi e delle prestazioni sociali da parte degli Ambiti Territoriali, percorso che porta certamente a una maggiore efficienza del sistema, ma che configura gli Ambiti Territoriali come erogatori stessi di servizi, ai quali spettano gli adempimenti regolamentativi del summenzionato articolo 14. 

Tuttavia si tratta anche di un'importante opportunità per definire un percorso condiviso tra i Comuni associati, che porti a una migliore omogenità nei criteri di accesso ai servizi sociali definiti nel Piano di Zona. In altre parole l’adozione di un Regolamento unificato di Ambito Territoriale finalizzato all’applicazione del nuovo ISEE è lo strumento migliore per adempiere all’obbligatorietà di adeguamento prevista dall'articolo 14 e al contempo lo strumento migliore per attenuare, gestendoli senza subirli, gli effetti di impatto sul proprio sistema di erogazione delle prestazioni agevolate, stante il perdurare di dubbi interpretativi insiti nel decreto 159/2013, nonché, con opportune impostazioni, per attenuare i rischi di successive esigenze di modifica, a causa della potenziale mutevolezza in essere del quadro normativo generale.



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