Il
DPCM del 26 aprile, che disciplina quella fase due che ci troveremo ad affrontare a partire dal 4 maggio, introduce un’importante novità per i servizi sociali. Per comprenderne la rilevanza è utile fare un passo indietro al DPCM dell’8 marzo e ripercorrere le tappe che hanno interessato la normativa emergenziale con riferimento ai servizi sociali.
Dal momento che i servizi socioassistenziali sono servizi essenziali (Legge 146 del 12 giugno 1990), il
decreto #iorestoacasa non prevedeva interruzioni per queste tipologie di servizi; l’unica limitazione era posta al alla realizzazione di alcune attività dei centri diurni, ma interessando solo quelle di tipo ludico, ricreativo, di animazione, di socializzazione; questo allo scopo di evitare assembramenti di persone e contenere il rischio contagio, in particolare tra la popolazione anziana, più fragile e più esposta ai rischi del Covid-19.
Procedendo, la seconda tappa è rappresentata dal
decreto legge Cura Italia del 16 marzo, che con l’articolo 47 ha disposto la sospensione di tutte le attività dei servizi semiresidenziali per disabili: quelle socioassistenziali, quelle socio sanitarie e quelle socio educative; il decreto prevede, peraltro, che gli enti locali del servizio sanitario nazionale possano erogare prestazioni sanitarie e sociosanitarie, ma presso il domicilio della persona. Nonostante a livello nazionale non fosse stata disposta a in modo esplicito la chiusura dei centri diurni per anziani, di fatto la loro operatività è stata sospesa. In particolare, l’articolo 48 delle DL Cura Italia demanda tale sospensione ad eventuali ordinanze o altri provvedimenti più restrittive regionali; in ogni caso, poiché comunque le attività di animazione e socializzazione erano già state sospese e non sono presenti generalmente attività di tipo socio educativo o diversamente configurabili rivolte agli anziani (con esclusione al più della somministrazione pasti), anche i centri diurni per anziani hanno registrato uno stop.
Veniamo allora al DPCM del 26 aprile, che si pone in continuità con gli altri provvedimenti, introducendo tuttavia una svolta dal 4 maggio, con importanti implicazioni organizzative.
Per quanto riguarda gli elementi di continuità, l’articolo 1 conferma tutte le limitazioni che interessano di riflesso i servizi socioassistenziali: restano sospese le attività di asili nido e servizi alla prima infanzia (lettera k), le condizioni di accesso da parte dei parenti degli ospiti delle RSA rimangono limitate a situazioni di estrema eccezionalità (lettera x) e il lavoro agile viene confermato come modalità ordinaria di lavoro per la pubblica amministrazione, quindi anche per gli operatori del servizio sociale professionale e del segretariato sociale comunale.
La grande novità si trova iinvece all’articolo 8, dove si dispone che “Le attività sociali e socio-sanitarie erogate dietro autorizzazione o in convenzione, comprese quelle erogate all'interno o da parte di centri semiresidenziali per persone con disabilità, qualunque sia la loro denominazione, a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario vengono riattivate secondo piani territoriali, adottati dalle Regioni, assicurando attraverso eventuali specifici protocolli il rispetto delle disposizioni per la prevenzione dal contagio e la tutela della salute degli utenti e degli operatori.”
Analizziamo i dettagli di quanto previsto da questo articolo.
Innanzitutto notiamo che si fa riferimento solo a servizi semiresidenziali per disabili e non a servizi semiresidenziali per anziani o altra tipologia di utenza come minori, persone con dipendenza, etc.
Inoltre, è prevista la ripartenza di tutte le attività, anche quelle svolte all’interno della struttura.
È poi importante considerare il fatto che l’articolo 8 includa un ampio insieme di unità di offerta nella categoria dei servizi semiresidenziali per disabili; si parla infatti di centri semiresidenziali per persone con disabilità, qualunque sia la loro denominazione, la loro natura (socioassistenziale, socio educativa, polifunzionale, socio occupazionale, sanitaria e sociosanitaria) e la modalità di funzionamento, quindi con autorizzazione o in convenzione (ma possiamo ritenere inclusi anche l’affidamento in concessione, affidamento di appalto, etc.).
Infine, si sottolinea che tale riattivazione non avverrà in modo automatico e incontrollato, ma con l’elaborazione di piani territoriali che saranno adottati dalle Regioni e l’attuazione di eventuali specifici protocolli per il rispetto delle disposizioni per la prevenzione dal contagio e la tutela della salute, sia degli utenti che degli operatori. A tal proposito, non è del tutto chiaro da chi debbano essere definiti tali protocolli: dagli stessi erogatori o anch’essi dalla Regione?
Gli uffici regionali, in ogni caso, dovranno immediatamente adoperarsi e sarà interessante analizzare quali soluzioni metteranno in atto.