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Lavoro agile e innovazione: che legame?

di Valerio Langè
Le misure adottate per affrontare l'emergenza sanitaria hanno favorito la diffusione del lavoro agile e le pubbliche amministrazioni stanno sperimentando un uso frequente e intensivo di pratiche e tecnologie di smart working. Gli effetti del lavoro agile sia sulle Pubbliche Amministrazioni, sia sull’economia e la società più in generale sono recentemente oggetto di dibattito, soprattutto in considerazione del ruolo che il lavoro agile potrebbe assumere nella progressiva ripresa delle attività.
Se molti auspicano che il lavoro agile diventi, almeno per una parte dei lavoratori, anche pubblici, la nuova normalità, altri premono per il rientro in ufficio, preferendo la conclusione di questa forma obbligatoria, casalinga e arrangiata dello smart working, definita da INAIL come un ibrido tra lavoro agile e telelavoro.
È da rilevare come in un recente articolo dal titolo “Reimagining the Office”, Carlo Ratti, architetto e docente al MIT di Boston, riprendendo le considerazioni del sociologo Mark Granovetter circa la forza dei legami deboli, evidenzi come il lavoro agile stia da una parte rafforzando i legami forti (raramente si organizzano videochiamate con sconosciuti), mentre dall’altra stia sfilacciando quelli deboli, i quali però sono proprio i legami che consentono di conoscere nuove idee e quindi favoriscono l’innovazione, anche nelle Amministrazione Pubbliche. Si tratta di un fenomeno di cui chiunque si sia occupato di formazione negli scorsi mesi ha avuto conferma: sono stati molto cercati e apprezzati, all’interno dei corsi proposti, i momenti di discussione tra i partecipanti, che da una parte si sono rivelati utili come fonte di confronto, dall’altra parte hanno certamente fornito un po’ di conforto.

Per avere un quadro più definito, Synergia ha condotto un’indagine insieme con il Politecnico di Milano sulle Amministrazioni Pubbliche di tutta Italia. I risultati parziali, recentemente pubblicati, mostrano alcune relazioni tra il livello di adozione del lavoro agile, l'equilibrio tra lavoro e vita privata, autonomia e innovazione.
Si tratta di legami che la letteratura di settore indaga da tempo, ma che raramente si è provato a verificare per quanto riguarda il settore pubblico e in particolare i Comuni. L’indagine, di cui sono pubblicati i risultati parziali, è consistita in un questionario erogato a diverse Pubbliche Amministrazioni in tutta Italia, i cui risultati sono stati poi analizzati attraverso analisi fattoriali e modelli a equazioni simultanee.

I risultati parziali riguardanti 52 Comuni evidenziano innanzitutto che prima della diffusione del coronavirus e delle misure conseguenti, i lavoratori già lavoravano in ufficio solo per metà del proprio tempo di lavoro: il lavoro era quindi già in parte “agile”, pur non esplicitamente. Più in dettaglio, solo il 50% del tempo di lavoro veniva svolto dall’ufficio.
Attraverso un modello statistico si è inoltre verificato come l'adozione del lavoro agile si traduca in una maggiore autonomia dei lavoratori; inoltre, dare più autonomia favorisce l’instaurarsi di un clima di fiducia e questa si traduce in maggiore propensione all’innovazione.

È quindi da rilevare come da una prima analisi il lavoro agile, pur a fronte di un plausibile sfilacciamento dei legami deboli e favore di quelli forti, non abbia, almeno per il momento, penalizzato l’innovazione. È tuttavia da riconoscere come il desiderio di tornare in ufficio che molti lavoratori esprimono possa anche corrispondere alla ricerca di aperture relazionali che il distanziamento, per sua natura, ha fortemente ridotto.
In ogni caso, le prospettive per il futuro non possono prescindere dalla possibilità di tornare in ufficio, almeno per i lavoratori che lo desiderano: è da ricordare infatti che il Legislatore individua il lavoro agile come modalità di esecuzione del lavoro subordinato basato sull’accordo tra le parti. Il modo di lavorare di questi mesi, obbligatoriamente agile, è dunque in parte intrinsecamente contradditorio.
 
 

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