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Progetto AI in Università

Di Mattia Mencarelli e Luca Migliavacca. Dalla rubrica "Lavori di ricerca empirica degli studenti dell'Università di Pavia per il corso di Statistica Sociale"
Abstract:
“Il presupposto che ha costituito il fondamento della nostra ricerca deriva dalla curiosità di rispondere a tre interrogativi in merito all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale (AI) in ambito universitario.
L’Obiettivo principale del nostro lavoro - illustrato nel seguente report - è stato quello di posizionare l’Italia in riferimento all’utilizzo dell’AI in un contesto globale. Il questionario proposto ai due campioni di controllo - il primo formato da docenti italiani e il secondo da docenti che operano all’estero - si articola in domande a risposta multipla e domande aperte. Ciò ci ha consentito di analizzare anche il giudizio e il grado di affidabilità che i docenti riservano all’AI e di fare, in ultima analisi, una predizione per le sfide dell’AI nel futuro”.
L’obiettivo della nostra ricerca è stato quello di indagare i presupposti e le dinamiche in merito all’implementazione dell’Intelligenza Artificiale (AI) in ambito accademico. 
Il team è composto da Mattia Mencarelli e Luca Migliavacca. Il progetto, in collaborazione con l’università di Pavia, è intitolato “AI in università".
Per il raggiungimento del nostro obiettivo abbiamo stilato due questionari: uno in italiano, rivolto ai professori universitari che operano sul suolo nazionale, e uno in inglese indirizzato ai professori universitari che operano all’estero. 
Nonostante il target campionario molto specifico preso in considerazione, siamo riusciti a ottenere un numero cospicuo di risposte. Solo in Italia, infatti, abbiamo registrato ben 120 risultati, coinvolgendo 15 università e 27 dipartimenti. Il successo presso il target campionario ci ha consentito di passare a una successiva analisi statistica.
Occorre sottolineare che un elevato numero di professori si è dimostrato molto interessato al nostro progetto e non ha esitato a contribuire fornendo consigli, migliorie e aiuti concreti nella condivisione del questionario per la raccolta dati.
La nostra analisi ha proceduto per comparazione. Lo studio teneva contemporaneamente conto delle risposte del campione italiano e quelle del campione estero confrontando quasi la totalità dei dati, dall’utilizzo dell’AI nella vita privata dei professori sino al loro parere circa la propensione delle loro università all’utilizzo dell’AI.
I risultati da noi ottenuti hanno dimostrato come i professori universitari esteri si dimostrino più propensi, rispetto a quelli italiani, a un’implementazione dell’AI in un contesto universitario.

Tuttavia, i dati raccolti, uniti ad ulteriori ricerche da noi effettuate, dimostrano come l’Italia sia perfettamente al passo con il resto d’Europa, diversamente da quanto ipotizzato in principio. Difatti, nel settore accademico, l’Italia eccelle nell’innovazione grazie a università quali “Unimore di Modena” che punta a formare professionisti nello sviluppo di sistemi informatici basati sull’AI e l’università “IULM di Milano” che offre un corso di marketing tools basato sull’AI.
Se dal lato accademico il nostro paese non ha nulla da invidiare alle università estere, dall’altro, nei nostri professori emerge ancora una certa riluttanza e sfiducia nell’utilizzo dell'AI nei loro corsi; infatti, alle domande “Sareste disposti a far gestire all’AI una parte del vostro corso?” e “Sareste disposti a sottoporre ai vostri studenti un esame interamente elaborato dall’AI?” solo il 2% ha espresso una risposta positiva alla prima e il 12% alla seconda, mentre la controparte estera evidenzia un esito positivo rispettivamente del 44% e del 37%.




Questi risultati, insieme agli altri dati da noi raccolti, denunciano una sostanziale sfiducia nei confronti dall’AI, dovuta spesso a una mancata conoscenza della piattaforma. Tra l’altro, potersi formare in quest’ambito resta per i nostri docenti un vero e proprio ostacolo a causa della mancanza di supporto e corsi dedicati… 
L’Europa sta procedendo a passi da gigante con la regolamentazione dell’AI. Di recente, infatti, è stato approvato l’AI act, il primo quadro normativo in questo ambito. Approvato nel Marzo 2024, L’AI act pone dei limiti e regolamenta l’utilizzo da parte dell’user, assicurando che questi sistemi siano in linea con i diritti e i valori dell’UE. D’altronde, in Europa stanno già diffondendosi i primi corsi di formazione sull’AI. I corsi sono rivolti a tutto il personale docente operante sul territorio UE, con l’obiettivo di garantire ai professori europei un primato nell’utilizzo di queste nuove metodologie in ambito didattico.

Tornando alla nostra ricerca, un altro fattore fondamentale emerso dalle risposte alle domande aperte è la totale mancanza di expertise e conoscenze sull’argomento. Molti professori hanno infatti criticato ChatGPT (piattaforma di Open AI, sviluppata come interfaccia digitale in quanto piattaforma di ricerca dotata di tutta la conoscenza umana fino al 2019), perché incapace, a loro avviso, di adattarsi alle specifiche di ogni corso.
Tra i nostri obiettivi c’è infatti quello di evidenziare l’esistenza di migliaia di piattaforme AI, ognuna delle quali specializzata in un settore, che con la giusta formazione, garantiscono ai professori un set di tools in grado di soddisfare qualsiasi loro richiesta e realizzare ogni idea.
Nel corso della nostra presentazione abbiamo esposto svariati modelli di AI, tutti con obiettivi differenti e abili anche nell’assistenza dell’user durante l’utilizzo dello stesso.
Tenendo conto dei risultati ottenuti e volgendo uno sguardo al futuro, riteniamo che, alla pari dei professori universitari, l’AI non sia in grado di sostituire interamente il ruolo del docente.
Resta da considerare la vantaggiosità dell’utilizzo dell’AI come un tool di supporto per i docenti, in grado di alleggerire il loro carico di lavoro per lasciar spazio alla sperimentazione di nuovi metodi di insegnamento avanguardisti.




Le percentuali ricavate dal questionario dimostrano come 5 professori universitari su 7 sarebbero disposti a implementare l’AI sotto forma di tutor del corso, come spalla destra alla quale fare riferimento. Cosa manca dunque per introdurre concretamente l’AI nelle università italiane? La volontà del personale docente di “mettere le mani in pasta” al fine di acquisire le giuste basi per poter intraprendere un graduale percorso di implementazione dello stesso nella loro didattica.
Un’altra prerogativa dei docenti dovrebbe essere quella di incoraggiare gli studenti a un corretto utilizzo di queste piattaforme, che possono rappresentare uno strumento fondamentale di apprendimento. Utilizzare in maniera errata questi strumenti può portare a una distorsione del corretto processo di educazione e apprendimento.

In conclusione, vista la continua evoluzione delle piattaforme AI e la loro presa di posizione in svariati mercati, l’adozione di queste tecnologie nella didattica sembra inevitabile. Di conseguenza, incoraggiamo i professori universitari - in particolare quelli italiani - a farsi pionieri di questo progetto, modellando così un nuovo metodo di didattica in grado di adattarsi ai bisogni di una società in costante evoluzione.

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