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RdC e misure di condizionalità sospese: suggerimenti operativi per i responsabili della presa in carico

Di Anna Rio
In diversi articoli precedenti abbiamo illustrato le novità più importanti per diversi settori del welfare, introdotte con il decreto Cura Italia del 17 marzo 2020. Una di queste è rappresentata dalla sospensione delle misure di condizionalità per i beneficiari del Reddito di Cittadinanza, definita dall’art.40. La portata di questa disposizione è tutt’altro che irrilevante; in questo articolo cercheremo di analizzarne le implicazioni e di delineare le piste di lavoro che si prestano a essere elaborate.  
L’art. 40 può essere letto da due prospettive di attori coinvolti nell’attuazione della misura: da una parte i cittadini devono sapere che, fino al 17 maggio, verrà loro erogato il Reddito senza che debbano impegnarsi negli obblighi e nelle azioni di “attivazione” a cui altrimenti il beneficio economico sarebbe stato condizionato. Ci si riferisce, in particolare, al il contatto con i servizi, alla sottoscrizione del Patto, alla frequenza dei corsi di formazione e di orientamento, alla partecipazione ai Progetti Utili per la Collettività. Sono sospesi inoltre gli incontri finalizzati alla valutazione multidimensionale del nucleo e quelli di monitoraggio relativi al percorso d’inclusione sociale e lavorativa, a cui normalmente i beneficiari sono tenuti a partecipare. 
La sospensione delle misure di condizionalità ha poi un effetto impattante sugli operatori dei servizi titolari della presa in carico dei beneficiari RdC, che sino a questo momento dedicavano buona parte della loro attività lavorativa all’implementazione delle misure ora interrotte. Le loro prospettive lavorative e organizzative ne escono infatti profondamente modificate. In particolare per i Case Manager, talvolta assunti ad hoc dagli enti locali, viene a mancare la possibilità di svolgimento del loro mandato, costituito dalle attività di convocazione, valutazione e progettazione partecipata con le famiglie beneficiarie del Reddito. 
Si delineano così alcune prospettive di attività di “back-office” alle quali Case manager e colleghi possono lavorare. Innanzitutto, un aspetto in diversi punti richiamato dal Decreto Legge 4/2019 - e non sempre realizzato efficacemente sui territori - è rappresentato dalla collaborazione tra servizi, ai fini di una presa in carico integrata dei nuclei beneficiari bisognosi. La collaborazione di cui parla il Decreto Legge 4/2019 riguarda in prima istanza i servizi di contrasto alla povertà comunali e i servizi per il lavoro, a cui viene richiesto di lavorare insieme alle progettazioni che riguardano le famiglie beneficiarie RdC coinvolte in un Patto per il Lavoro “personalizzato” o in un Patto per l’Inclusione Sociale che comprenda attività riguardanti la sfera di attivazione lavorativa. Questo periodo potrebbe rappresentare allora un’opportunità di confronto reciproco e dialogo tra i due servizi protagonisti, allo scopo di individuare strategie e strumenti comuni, ovviamente coerenti con la normativa.
Inoltre, perché non dedicarsi all’elaborazione o all’aggiornamento dei protocolli di attivazione delle équipe multiprofessionali? Sì ricorda che l’équipe costituisce il gruppo di lavoro che il Case manager può decidere di convocare nel caso ritenga di procedere con l'elaborazione partecipata del quadro di analisi approfondito, ossia uno dei tre strumenti di valutazione multidimensionale previsti dalle Linee guida per la definizione dei Patti per l'inclusione sociale e tradotti sulla piattaforma GePI. 
Il grosso vantaggio legato a questo tipo di attività è rappresentato dalla possibilità di svolgerle da remoto, in modalità Smart-Working. A fronte dell’emergenza Covid-19, che ha evidentemente enormi conseguenze sul piano sociale ed economico, diversi operatori sono impegnati in prima linea per realizzare i preziosi obiettivi di assistenza e intervento rispetto alle nuove fragilità e bisogni – ad esempio quelli alimentari, della cui gestione parliamo in modo approfondito qui. Altri professionisti possono invece sfruttare l’occasione per dedicarsi alla (ri)costruzione di modelli pratici di collaborazione.  
L’efficacia e la tenuta futura della rete dei servizi territoriali nelle azioni di contrasto alle povertà dipende anche dal rafforzamento del coordinamento tra i livelli e i comparti di welfare coinvolti. Può essere strategico allora definire e consolidare ora gli strumenti di connessione e collaborazione che dovranno essere utilizzati quando l’emergenza sanitaria terminerà, lasciando tuttavia il fronte sociale e economico piuttosto sofferente. 

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