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Un decalogo per lo sviluppo degli interventi di accoglienza alloggiativa per gli immigrati

di Daniele Cologna
Mutamento Sociale n.4 - Dicembre 2004

Synergia ha recentemente concluso, nel quadro delle attività promosse dall'Osservatorio Regionale per l'Integrazione e la Multietnicità, un monitoraggio degli interventi di accoglienza abitativa posti in essere in tutte le province lombarde. Se ne traggono alcuni spunti per un ripensamento in chiave critica delle politiche d'accoglienza e più in generale delle politiche abitative per le fasce svantaggiate della popolazione.

Non vi sono dubbi in merito al fatto che in Italia gli interventi di housing sociale sono tuttora deboli e poco coordinati, mentre l'offerta di alloggi a canone calmierato risulta del tutto insufficiente rispetto ai fabbisogni reali delle fasce deboli della popolazione.
Le ricerche svolte in Lombardia mostrano che tale fabbisogno è fortemente diversificato e multidimensionale, non riducibile al mero disagio sociale grave. Anzi: politiche d'intervento efficaci si rivelano, da un lato, quelle che strutturalmente (ovvero poggiando sull'erogazione stabile di finanziamenti ad hoc) promuovono percorsi di accesso alla tipologia d'alloggio che specifiche declinazioni di tale fabbisogno richiedono; dall'altro, quelle che implementano stabilmente un forte coordinamento tra soggetti pubblici, privati, e del terzo settore in un dato contesto locale, al fine di far fronte a ciascun segmento di fabbisogno, ottimizzando sinergie tra risorse pubbliche e private (in tal senso è di particolare valore il modello d'accoglienza concertata sperimentato dal Comune di Brescia).

Nel territorio lombardo le politiche abitative ordinarie di sostegno al pagamento dell'affitto e delle bollette attuate dai Comuni, così come l'accesso alle graduatorie ERP gestite dall'ALER o dai Comuni, rappresentano le modalità d'intervento più diffuse, per quanto il loro impatto sull'effettiva risoluzione del disagio alloggiativo degli immigrati resti scarso (contributi insufficienti; assegnazioni limitatissime e residuali rispetto al volume delle domande presentate).

Se il versante del disagio più acuto tende ad essere preso in carico da strutture di prima accoglienza sempre più rare (di fatto concentrate nelle conurbazioni maggiori, e in particolare a Milano e Brescia), l'accesso alla casa vera è talvolta mediato da strutture o iniziative di seconda accoglienza, più spesso è gestito in proprio dagli immigrati stessi, che accettano di vivere in condizioni di sovraffollamento in abitazioni sub-standard per poter abbattere l'incidenza delle caparre e degli affitti, spesso assai onerosi, o che si indebitano per acquistare avvalendosi di agenzie e finanziarie non sempre corrette e affidabili.

Quali spunti di riflessione possono essere tratti dal monitoraggio svolto?
Li riassumiamo in dieci punti, sui quali sembra convergere il parere della maggior parte degli studi di settore:

1. Le politiche di accoglienza alloggiativa - per gli immigrati così come per i soggetti svantaggiati in generale - dovrebbero indirizzarsi verso una gestione integrata della marginalità sociale: il problema della casa è trasversale a tutte le fasce deboli della popolazione e richiede un approccio che integri le capacità di azione di tutti i soggetti pubblici, privati e del terzo settore in grado di intervenire positivamente su un certo territorio.

2. Occorre mantenere attivo sul territorio un congruo numero di strutture di accoglienza, che possano arginare le situazioni di emergenza e mediare opportunamente l'accesso a soluzioni alloggiative "normali". La creazione di nuove strutture ed il potenziamento di quelli esistenti dovrebbe cioè avanzare di pari passo con l'incentivazione di attività di sostegno dell'accesso al mercato della locazione e dell'acquisto: tali iniziative non si escludono a vicenda, ma vanno invece concepite come complementari.

3. Un approccio efficace alla prima e seconda accoglienza dovrebbe tenere debitamente conto della multidimensionalità della domanda abitativa degli immigrati, offrendo soluzioni ad hoc per ogni segmento del fabbisogno abitativo (dormitori e rifugi notturni; pensionati sociali; strutture protette per persone in difficoltà; minialloggi per singoli lavoratori, ecc.).

4. L'offerta di soluzioni di prima e seconda accoglienza dovrebbe salvaguardare il proprio carattere temporaneo/transitorio, non-assistenziale e di "capacitazione" del soggetto svantaggiato, assicurando il turnover degli utenti grazie allo sviluppo di efficaci percorsi rivolti all'approdo a forme alloggiative che gli utenti possano gestire in autonomia.

5. Vanno incentivate le forme di coordinamento infra e interterritoriali a livello locale, potenziando la progettualità concertata di iniziative che vedano coinvolti gli enti locali, il privato sociale, i datori di lavoro e i proprietari di immobili.

6. È necessario sostenere le fasce deboli nell'acquisto dell'alloggio: il settore pubblico può raccordarsi con quello privato e con il terzo settore per elaborare forme di sponsorship che permettano agli immigrati - ma anche ad altri soggetti deboli sul mercato come i giovani - di procurarsi le garanzie necessarie per accendere mutui, oppure erogando mutui a tasso agevolato o prestiti sull'onore.

7. Incentivare la creazione, presso i Comuni, di sportelli ad hoc in grado di erogare consulenza gratuita o a basso costo sulle diverse modalità di acquisto possibili, sulle opportunità d'investimento immobiliare migliori, tutelando le fasce deboli dal rischio del sovrindebitamento o dell'accensione di mutui-capestro.

8. Stimolare e promuovere il recupero del patrimonio immobiliare ERP sfitto o necessitante opere di rimessa a norma, l'acquisizione di nuovi immobili da destinare all'housing sociale come pure l'edificazione di nuovi alloggi popolari da assegnare a canoni calmierati, eventualmente anche più elevati di quelli attualmente praticati dall'AER, per diversificare l'offerta ed equilibrare un mercato immobiliare che appare sempre più "gonfiato".

9. Promuovere misure di lotta alla discriminazione a carattere razzista o xenofobo dilagante sul mercato dell'affitto. Tali misure non presuppongono necessariamente iniziative di carattere punitivo (che altrove hanno generato più ulteriore chiusura del mercato che risultati positivi), ma possono appoggiarsi a un più forte e diffuso ruolo d'intermediazione e di garanzia da parte dell'ente locale, o da parte di specifiche reti tra soggetti pubblici e privati.

10. Incentivare la stabilizzazione del monitoraggio periodico degli interventi di accoglienza abitativa e del livello di esclusione degli immigrati sul mercato immobiliare locale: tale lavoro non è soltanto di grande utilità per gli operatori dei servizi sociali e del privato sociale, che spesso non dispongono di un quadro aggiornato dell'offerta esistente nel loro contesto d'azione (o in quelli limitrofi), ma è anche propedeutico per una valutazione dell'impatto delle politiche abitative su una fascia di popolazione caratterizzata da specifici livelli di svantaggio e il cui disagio alloggiativo tende a espandersi acquisendo forme nuove man mano che si articola il processo di inserimento socioeconomico di ciascuna popolazione immigrata.

Benché questo "decalogo" tragga spunto dall'osservazione di una specifica realtà nazionale, quella lombarda, confidiamo che possa esprimere una forte valenza d'orientamento anche per altri contesti italiani dove l'incidenza della popolazione straniera si conferma in significativa crescita.

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