Il
DPCM del 26 aprile dà inizio alla cosiddetta “fase due” dell’emergenza sanitaria da Covid-19 e
riconferma lo smart working come pilastro utile alla ripresa progressiva delle attività economiche, garantendo al contempo la tutela della salute pubblica.
Come già nel precedente
DPCM dell’11 marzo 2020, è confermato che su tutto il territorio nazionale sia promosso il massimo utilizzo del lavoro agile per tutte quelle attività che possono essere svolte da remoto. Lo stesso DPCM mira a favorire le intese con le Organizzazioni Sindacali: per quanto riguarda il settore pubblico, rimane quindi centrale
il ruolo del Comitato Unico di Garanzia (CUG), che deve essere coinvolto nel gruppo di lavoro che guida l’introduzione e la gestione del lavoro agile.
Sono inoltre introdotti alcuni nuovi aspetti che meritano un’analisi.
In primo luogo, fino ad ora il lavoro agile, che normalmente agisce su comportamenti, tecnologie e spazi, era interpretato solamente come “lavoro da casa”: viene chiesto ora di rivedere le modalità lavorative anche in riferimento agli ambienti. Più in dettaglio, allo scopo di garantire il distanziamento sociale, occorre rimodulare degli spazi di lavoro e viene suggerito un uso più “smart” dei locali. Infatti, poiché le riunioni in presenza sono proibite, le sale riunioni possono essere utilizzate dai lavoratori che non necessitano di particolari strumenti e/o attrezzature di lavoro e che possono lavorare da soli, così da garantire il distanziamento tra persone. Allo stesso modo gli uffici inutilizzati proprio a causa del lavoro da remoto possono essere destinati al medesimo uso. Si profila quindi l’avvio di un ulteriore asse di trasformazione nell’alveo del lavoro agile, che potrà portare a migliorare l’uso (e in prospettiva a rivedere il dimensionamento) degli spazi di lavoro. È da rilevare che in alcuni territori ordinanze regionali hanno già da tempo definito regole in tal senso, in particolare per le Pubbliche Amministrazioni.
Oltre agli spazi, il nuovo DPCM chiede di rivedere gli orari: occorre articolare il lavoro con orari differenziati che favoriscano il distanziamento sociale, così da prevenire assembramenti e compresenze. La flessibilità di orario, oltre che di luogo, può quindi favorire tanto il distanziamento sociale quanto, se concordata e ben gestita, la conciliazione e l’integrazione di esigenze lavorative, familiari e personali.
È da precisare poi che il ricorso al lavoro agile non attenua il dovere del datore di lavoro di garantire adeguate condizioni di supporto al lavoratore: in particolare, occorre fornire assistenza nell’uso delle apparecchiature e nello sviluppo di competenze trasversali, specie in relazione alla gestione dei tempi di lavoro e delle pause, tema spesso critico quando non si lavora nel contesto delle routine dell’ufficio.
Il diritto all’apprendimento continuo deve essere garantito, così come previsto dall'
articolo 20 della legge 81/2017 e la formazione deve continuare: se sono sospesi e annullati tutti gli eventi interni e ogni attività di formazione in presenza, la formazione a distanza, anche per i lavoratori in smart working, consente di garantire formazione obbligatoria e facoltativa.
Nella Pubblica Amministrazione, quale datore di lavoro esemplare, in base all’articolo 1 lettera gg del nuovo DPCM del 26 aprile, il lavoro agile viene confermato come modalità ordinaria di lavoro; le indicazioni sono tuttavia estese a tutti i settori e il lavoro agile è indicato quale modalità di lavoro per tutti i settori che progressivamente riprenderanno le attività, in primis per le attività di supporto ai cantieri edili.
Sono infine confermate le disposizioni previste dal decreto legge 18/2020, che indica come la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 81/2017 possa essere applicata dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti; gli obblighi di informativa di cui all’art. 22 della legge 22 maggio 2017, n. 81, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro.