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Synergia Magazine

Il sostegno economico ai giovani fuori famiglia

di Danilo Bolano e Rebecca Zanuso
Mutamento Sociale n.26 - Marzo 2010

Nell’ambito del progetto europeo appena concluso Life after institutional care. Equal opportunities and social inclusion for young people: identification and promotion of best practices, con capofila Ai.bi. - Associazione Amici dei Bambini, Synergia ha curato un approfondimento focalizzato sulle problematiche di natura economica che i ragazzi in uscita dal sistema di protezione all’infanzia (i care leavers) fronteggiano. Questi ragazzi si trovano infatti, poco più che maggiorenni, a confrontarsi con la vita indipendente spesso privi di una rete familiare di supporto e costretti ad una prematura autonomia. Essi costituiscono quindi una categoria particolarmente fragile sotto il profilo economico-finanziario.

Nelle interviste realizzate con i testimoni privilegiati prima e con i minori fuori famiglia poi, è stato messo più volte in evidenza dagli interlocutori come gli educatori cerchino di insegnare ai ragazzi l’importanza del risparmio e piccoli trucchi per una sua corretta gestione. Adoperano diversi espedienti, come trattenere una parte dell’assegno di mantenimento diretto al ragazzo per evitare che abbia in mano una quantità eccessiva di denaro e per insegnargli a centellinare le spese, oppure come far compartecipare il ragazzo alle spese per l’affitto o le utenze, quando si trova all’interno delle strutture, collegate alla comunità residenziale, dedicate ai neo-maggiorenni. Ciò nonostante, i ragazzi, in particolar modo quelli italiani, faticano ad autogestirsi. I continui richiami al risparmio e ad una gestione oculata del proprio denaro da parte degli educatori, pur essendo considerati importanti, risultano di fatto poco utili: l’impatto con il mondo esterno è comunque traumatico e la difficoltà di una corretta gestione dei risparmi rimane una dei maggiori problemi che i ragazzi affrontano. Quando si è ospiti della comunità, i propri risparmi vengono, di fatto, gestiti dalla comunità stessa, la totalità delle spese è a carico del Comune e quindi, una volta usciti, i ragazzi si ritrovano a dover gestire in piena autonomia i risparmi e i proventi da lavoro con tutte le difficoltà e i problemi derivanti dall’inesperienza, dalla giovane età e dalla mancanza di una figura, come quella genitoriale, di riferimento. Potrebbe quindi essere utile rafforzare ancor di più l’insegnamento della gestione del denaro e l’importanza del risparmio, coinvolgendoli maggiormente e direttamente nella gestione dei propri risparmi già all’interno delle comunità.

Gli affitti, in particolare tra i ragazzi dell’Emilia Romagna (area geografica target principale del lavoro sul campo), risultano essere il costo più gravoso che questi giovani in uscita dal sistema di protezione all’infanzia devono fronteggiare. Non solo per il costo del canone in sé, ma anche per le spese accessorie che un affittuario deve sostenere al momento della locazione, come ad esempio la cauzione e le mensilità anticipate. Per far fronte a queste spese iniziali e per poter dare delle garanzie di natura economica al proprietario di casa, gli istituti di credito potrebbero concedere dei finanziamenti a tasso agevolato o promuovere il ricorso al microcredito.

Un altro elemento che emerge dalle interviste è la voglia di alcuni ragazzi di continuare gli studi ma l’impossibilità di soddisfare tale desiderio, per gli alti costi che comporterebbe. Da una parte i costi legati all’istruzione in sé, come le tasse, i libri, gli spostamenti, dall’altro l’impossibilità di lasciare il proprio lavoro, in molti casi unica fonte di sostentamento e, in ultimo, l’incompatibilità dei ritmi tra scuola e lavoro. In questo ambito quindi sarebbe opportuno, come indicato da alcuni testimoni privilegiati intervistati, istituire borse di studio dedicate ai ragazzi che vivono al di fuori della famiglia di origine e meritevoli di continuare gli studi, anche universitari, con borse a copertura integrale dei costi. Tali fondi potrebbe essere stanziati creando una rete mista pubblico-privato, adoperando fondi pubblici ma anche fondi derivanti da imprese, associazioni e fondazioni bancarie. Un’alternativa potrebbe essere spingere gli istituti di credito a concedere finanziamenti finalizzati al conseguimento di un diploma o di una laurea, a tassi agevolati.

La scarsa dimestichezza nella gestione economica e il non possedere dei redditi significativi rende molto basso il tasso di bancarizzazione e di fiducia nei confronti delle banche dei ragazzi in uscita dal sistema di protezione all’infanzia, soprattutto se essi sono disoccupati o lavorano in nero. Sono generalmente i ragazzi che lavorano regolarmente ad aver aperto un conto in banca, che quindi adoperano prevalentemente per l’accredito mensile dello stipendio. A questi elementi bisogna aggiungere la scarsa dimestichezza con il linguaggio burocratico, la mancanza di agevolazioni bancarie e di tipologie di conti correnti destinati a questo target specifico, i costi di gestione del conto ritenuti troppo alti.

Dai racconti di questi giovani e dalle interviste ai testimoni privilegiati, è possibile in conclusione stilare una lista, non esaustiva, a mo’ di esempio, di ipotesi di intervento che possono essere messe in atto per aiutare i ragazzi fuori famiglia nella loro vita indipendente:
  • -    erogare finanziamenti e prestiti a tassi agevolati per far fronte alla necessità, molto sentita dalla maggior parte dei care leavers, di ricevere piccoli prestiti e fornire garanzie per gli affitti;
  • -    potenziare il microcredito, in particolar modo per render possibile l’apertura di attività commerciali in proprio;
  • -    istituire borse di studio dedicate al target;
  • -    fornire prestazioni bancarie aggiuntive e facilitazioni specifiche;
  • -    diffondere e potenziare i bandi per la coesione sociale sui servizi alla persona.

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