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Lavoro agile: dopo le ferie, che novità all’orizzonte?

di Valerio Langè
Dopo qualche tempo dalla ripresa dopo la pausa estiva e dalla fine dello stato di emergenza, al momento fissata per metà ottobre, è tempo di bilanci per il lavoro agile. Il quadro normativo resta invariato: la legge 77/2020, che ha convertito il decreto dello scorso 17 luglio, prevede che fino al 31 dicembre 2020 le Pubbliche Amministrazioni devono applicare il lavoro agile al 50% almeno del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità. La medesima legge introduce per il prossimo anno il Piano organizzativo del lavoro agile (POLA), sezione del piano della performance, da approvarsi entro il 31 gennaio allo scopo di consentire ad almeno il 60% dei dipendenti di avvalersi del lavoro agile.

Pare tuttavia che si prospettino novità di rilievo allo scadere dello stato di emergenza, al termine del quale non sarebbe più possibile, a legislazione vigente, l’adozione dello smart working in modo unilaterale né da parte del lavoratore, né da parte del datore di lavoro. Si tornerebbe infatti a quanto previsto dalla legge 81/2017, la quale richiede la sottoscrizione di un accordo individuale tra lavoratore e datore di lavoro. Questo, a meno che non siano emanati nuovi provvedimenti o siano siglate intese a livello nazionale: a questo proposito, Nunzia Catalfo, ministro del lavoro e delle politiche sociali, ha convocato un incontro per il 24 settembre con i sindacati e le associazioni produttive di categoria proprio per discutere sulle nuove norme da introdurre circa il lavoro agile.

La versione emergenziale del lavoro agile lascia comunque in sospeso alcune questioni rilevanti.

In primo luogo, occorre stabilire se lo smart working sia da considerare un diritto a favore della conciliazione anche dopo la fine del periodo emergenziale. L’adozione di quote, prevista dalla citata legge 77/2020 per la Pubblica Amministrazione e in discussione anche per il settore privato, sembra andare in questa direzione.
Rimane pure aperto il capitolo relativo alla gestione del tempo e delle pause, collegato al diritto alla disconnessione: secondo una ricerca condotta da Praxidia, tra gli intervistati che reputano più difficile gestire il break lavorando da casa, il 42% percepisce il momento della pausa come meno rilassante con l’impossibilità di staccare davvero dal lavoro.

D’altra parte, pare si consolidino i dati relativi ai vantaggi che al lavoro agile conseguono: le denunce per infortunio sul lavoro pervenute all’Inail tra gennaio e luglio sono calate del 23,7%. Anche i risparmi per i datori di lavoro sono rilevanti e stimati fino a 10.000 euro all’anno per ogni dipendente in smart working.
È infine oggetto di dibattito il punto relativo alla produttività: se le stime accademiche garantivano un aumento, il gruppo bancario statunitense Jp Morgan sta invece richiamando in ufficio i propri dipendenti proprio per limitare gli impatti negativi sulla produttività e sulla creatività.
 

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