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In termini concreti, un sistema informativo sociale di effettivo supporto al decision making dovrebbe consentire di rispondere sempre, con certezza e tempestività, a molte delle domande (tendenzialmente a tutte) che possono emergere in fase di programmazione delle politiche sociali, come ad esempio:
- Qual è la penetrazione dei sevizi domiciliari per gli anziani tra la popolazione con 65 anni e più?
- Qual è il numero medio di utenti dei servizi per disabili per ogni operatore?
- Qual è la permanenza media dei minori in comunità?
- Cosa pensano i fruitori diretti ed indiretti (famiglie) dei servizi per disabili delle prestazioni erogate da questi servizi e della loro qualità?
- Qual è la lista di attesa negli asili nido del territorio, qual è la domanda insoddisfatta di assistenza domiciliare? Con quale spesa si può raggiungere l'equilibrio?
- Quali sono le strategie di risposta che le famiglie adottano per fronteggiare un eventuale, improvviso, evento di crisi sociosanitaria per uno dei propri componenti?
- Di quanto può aumentare/diminuire la spesa al variare dei criteri di accesso ad un servizio?
Come si vede da questo banale esempio, poiché in un'ottica di programmazione razionale degli interventi occorre definire/ridefinire obiettivi, individuare bisogni, priorità, risorse, modalità di intervento, ovvero connettere l'offerta di servizi al mutamento sociale, al tool sistema informativo si chiede di garantire ai policy maker la possibilità individuare in modo corretto i bisogni sociali, la domanda di servizi e le tendenze in atto, di conoscere il sistema attuale di offerta di servizi/prestazioni/interventi e di adottare adeguate forme di controllo e valutazione di tali attività.
In concreto cioè un sistema informativo socio-assistenziale deve operare su tre macroaree di analisi tra loro integrate:
a) l'offerta di servizi e prestazioni,
b) i bisogni e la domanda sociale,
c) la qualità dei servizi.
Sul primo versante (offerta), un sistema informativo socio-assistenziale deve garantire flussi informativi (preferibilmente informatizzati) sulla rete dei servizi e delle prestazioni: si tratta cioè di realizzare (sfruttando i canali comunicazionali amministrativi usualmente attivati per la rendicontazione ai fini del controllo di gestione, autorizzazione, accreditamento, ecc.) un processo di autoproduzione di dati attraverso una richiesta informativa periodica alle singole unità di offerta di servizio (relativamente ad aspetti come l'utenza servita, il personale impiegato, i costi finanziari sostenuti, le dotazioni strumentali a disposizione, le caratteristiche architettoniche della struttura, ecc.)
Sul versante dell'analisi dei bisogni e della domanda sociale (espressa e potenziale), è necessario innanzitutto alimentare il sistema informativo con i dati amministrativi e della statistica ufficiale, al fine di poter delineare un primo quadro socio demografico del contesto territoriale (attraverso ad esempio indicatori di struttura della popolazione) che consenta di individuare in prima battuta le dimensioni della domanda potenziale di assistenza di specifici gruppi di popolazione (anziani, minori, prima infanzia, ecc.). E' però anche necessario approfondire la conoscenza e la comprensione dei fenomeni sociali che afferiscono alle sfere d'azione del sistema di welfare, implementando all'interno del sistema informativo indagini ad hoc su gruppi target di popolazione.
Infine sul versante della qualità dei servizi occorre realizzare analisi organizzative, analisi di Customer e Job Satisfaction, analisi sociotecniche sulla qualità dei processi e degli output, analisi di budget-tempo, attività di controllo statistico dei processi di erogazione del servizio, esperimenti fattoriali per il miglioramento continuo, case study di esperienze di eccellenza, ecc.
Su queste tre macroaree, è necessario adottare un approccio di produzione, di lettura e di analisi delle informazioni integrato. Ad esempio, la dimensione dell'utenza accolta dalla rete degli asili nido (informazione facilmente reperibile con una rilevazione amministrativa) deve essere valutata alla luce di alcuni dati demografici disponibili dalle statistiche ufficiali (come i tassi di natalità e di fecondità o la dimensione della popolazione da 0 a 2 anni), nonché sulla base delle informazioni circa il ricorso ai servizi alla prima infanzia da parte delle famiglie del territorio (derivanti ad esempio da una survey sulle strategie di fronteggiamento dei bisogni sociali) e del livello di qualità delle caratteristiche più importanti delle strutture (misurato parzialmente ad esempio da un'indagine di soddisfazione dei genitori dei bambini che frequentano i nidi).
Attualmente, a prescindere dalla realtà sistematicità della raccolta e del trattamento delle informazioni dell'area socio-asssitenziale e dal loro effettivo potenziale esplicativo e conoscitivo, la realtà italiana appare caratterizzata a vari livelli di governo da attività di monitoraggio concentrate prevalentemente, quando non esclusivamente, sul versante dell'analisi dei servizi e delle prestazioni; poche sono le esperienze a livello locale, ma anche regionale e nazionale, di attivazione di flussi informativi autonomi o indagini ad hoc sui bisogni sociali.
Se da un lato questa carenza è senz'altro dovuta alla complessità e l'onerosità di questo tipo di raccolta informativa, (molto meno economica rispetto al monitoraggio di dati ottenuti tramite gli usuali canali amministrativi con Comuni e unità d'offerta di servizio), dall'altro lato è importante evitare di ritenere soddisfatte le proprie necessità conoscitive sui bisogni sociali mediante la semplice analisi dell'utenza dei servizi. Se è vero che queste informazioni forniscono utili indicazioni sulla domanda espressa, è altrettanto vero che limitare l'analisi dei bisogni agli utenti che accedono a uno sportello del segretariato sociale o direttamente a una struttura di erogazione del servizio, significa perdere completamente di vista tanto la domanda latente, il bisogno inespresso (si pensi ad esempio ai bisogni d'assistenza connessi a dipendenze o disagio sociale), quanto la domanda potenziale. Ciò comporta il rischio che in fase di programmazione delle politiche sociali vengano prese decisioni non corrette o sub-ottimali, soprattutto in una prospettiva di medio-lungo periodo.
A parte qualche rara eccezione, ancora più evidenti sono poi le lacune circa le analisi della qualità dei servizi. Alcune delle poche (anche se significative) esperienze in questo campo non sembrano inoltre essere pienamente connesse in una logica integrata di sistema informativo e di valutazione-intervento per il miglioramento continuo della qualità complessiva (ovvero sia della qualità percepita dagli utenti, sia della qualità effettivamente erogata, sia delle caratteristiche strutturali e organizzative delle unità di erogazione dei servizi); di conseguenza gli importanti elementi conoscitivi che tali progetti di valutazione della qualità riescono spesso a fornire rischiano di non essere tradotti in indicazioni di policy che impattino davvero in modo significativo sul livello di qualità del sistema integrato degli interventi.
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