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Synergia Magazine

“Dopo di noi”, dopo tre anni, in Lombardia.

A cura di Anna Rio
Sono passati ormai più di tre anni dalla legge 112 sulla misura “Dopo di noi”.  Da allora, tante azioni hanno interessato il sistemi di welfare regionali e territoriali: dopo il versamento di importanti risorse dedicate da parte dello Stato, le Regioni hanno concretato gli indirizzi in propri piani operativi; gli operatori sociali, parallelamente, hanno progettato e attivato interventi personalizzati per un’ampia platea di persone.
Come per la maggior parte delle misure afferenti alla sfera del welfare, ogni Regione ha “interpretato” la legge Nazionale, adattandola al proprio sistema specifico, in base ai finanziamenti ricevuti. L’outcome regionale e territoriale del Dopo di noi presenta dunque profili differenziati: non tutte le Regioni, hanno previsto la possibilità di attivazione dell’intero set di interventi proposti dalla legge; inoltre, le quote di spesa dedicate alle varie tipologie di servizi variano notevolmente da un contesto regionale ad un altro.
A fronte allora di questa forte eterogeneità, di cui sarà dato conto attraverso il sistema di monitoraggio dell’implementazione complessiva del Dopo di noi, è utile ora focalizzarci su due punti, estremamente rilevanti per gli operatori sociali, specialmente lombardi: le tendenze in atto a livello centrale e le particolarità dello sviluppo della misura nel territorio regionale lombardo.
La prima questione spinosa è relativa alla continuità dei finanziamenti. Il timore, infatti, è che venga meno la risorsa basilare su cui si sono fondati fino ad ora gli interventi dedicati alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare. Infatti, dopo un inziale stanziamento di 90 milioni per il 2016 – anno di avvio dei programmi – i policy makers e gli operatori hanno dovuto letteralmente fare i conti con una drastica riduzione delle risorse per l’anno successivo, pari a 38 milioni e 300.000 euro. Il 15 novembre 2018 è stato emanato il decreto ministeriale di ripartizione dei finanziamenti per il 2018, davanti al quale è stato possibile, almeno in parte, tirare un sospiro di sollievo: non viene confermato per questa annualità il trend di riduzione di risorse; infatti, il fondo contiene 51.100.000 euro. Tale quota dovrebbe stabilizzarsi a decorrere dal 2018; di conseguenza, proiettandoci sul livello operativo, i progetti che verranno attivati o rinnovati nelle prossime annualità dovranno essere coperti con lo stesso ammontare di risorse utilizzate per l’ultimissimo anno.
Restringendo il campo di analisi, la stessa variazione percentuale ha interessato la quota assegnata alla Regione Lombardia, la quale ha ricevuto 15.030.000 euro per il 2016, 6.396.100 per il 2017 e 8.584.800 per il 2018. I fondi sono stati poi ripartiti tra le ATS, le quali hanno erogato le risorse agli ambiti, per la maggior parte (80%) al momento della validazione in sede di Cabina di Regia delle Linee operative locali di attuazione del programma operativo regionale; il restante 20% è stato corrisposto una volta soddisfatto il debito informativo nei confronti della Regione.
Passando sul fronte dell’utilizzo delle risorse assegnate, va segnalata, per la Lombardia, un’importante e recentissima svolta normativa: il 16 settembre è stato infatti approvato dalla Giunta un nuovo piano attuativo regionale, il cui contenuto è prescrittivo nei confronti delle linee operative che verranno implementate dagli ambiti territoriali.
Ad un primo sguardo, non sembrano esservi grosse novità; infatti, le indicazioni riguardo le fasi di elaborazione del progetto personalizzato sono le medesime, così come le cinque tipologie di interventi attivabili. Dal lato gestionale, infatti, si ritrovano: i percorsi programmati di accompagnamento per l'uscita dal nucleo famigliare di origine, ovvero per la deistituzionalizzazione, ricercando soluzioni e condizioni abitative quanto più possibile proprie dell'ambiente famigliare; i programmi di accrescimento della consapevolezza, di sviluppo delle competenze per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile; gli interventi di supporto alla domiciliarità; i sostegni alla permanenza temporanea in una soluzione abitativa extra-familiare. Dall’altro lato, troviamo la possibilità di realizzare interventi infrastrutturali.
Proprio su quest’ultima area di lavoro si scopre una variazione, rispetto al piano attuativo precedente: nella descrizione degli interventi scompare la previsione di erogazione di contributi per la ristrutturazione della casa, anche se ne rimane traccia nella denominazione dell’intervento.
La novità più importante, peraltro, si riscontra nella ridefinizione delle percentuali di risorse assegnate alle due dimensioni di intervento: se l’equilibrio indicato nello scorso piano attuativo prevedeva il 57% dei fondi per l’area gestionale e il 43% per quella infrastrutturale, il nuovo atto sbilancia ulteriormente il peso delle risorse sugli interventi gestionali, per i quali è previsto il 90% dei nuovi finanziamenti – a partire da quelli 2018. In termini assoluti, ciò significa che i finanziamenti a disposizione per l’area di interventi gestionali si avvicinerà parecchio a quelli erogati ai territori il primo anno d’avvio del Dopo di noi (2016).
Tale potenziamento può essere letto alla luce dei primi dati sui beneficiari e sugli interventi effettivamente implementati negli anni precedenti. Contrariamente alle aspettative e agli obiettivi che emergono dalle righe dalla legge 112, i beneficiari reali hanno un profilo socioanagrafico più giovane e autonomo; inoltre, sono – più volte del previsto – assistiti da caregiver. Le risorse dunque sono state prevalentemente destinate a progetti di sostegno all’autonomia, verso i quali gli operatori sono stati indirizzati a seguito delle specifiche valutazioni multidimensionali. 
Nei prossimi anni, allora, è verosimile pensare di poter dare continuità ai percorsi di crescita personale avviati, cercando di realizzare l’obiettivo, impegnativo e graduale, della maggiore autonomia possibile e dell’eventuale uscita dal nucleo familiare.

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